Quattordici ettari di terme. Quattordici ettari di relax, ricchezza, meraviglia. Tali erano le terme di Diocleziano quando furono inaugurate, nel 306 d.C. Un’opera mastodontica che mutò profondamente l’assetto urbanistico della zona in cui sorse e che, grazie al museo che ora vi è ospitato, ha ripreso a brillare dopo secoli di sfruttamento e spoliazioni.
L’aspetto delle Terme di Diocleziano
La grandezza, la forza e nel contempo la grazia e l’armonia dell’insieme erano la cifra distintiva delle Terme di Diocleziano. Si entrava, più o meno come oggi, da un ampio giardino, incontrando i vari ambienti propriamente termali, ossia calidarium, tepidarium e frigidarium, seguiti dalla natatio, ossia la piscina. Ai lati sorgevano palestre, luoghi di ristoro e di nuovo giardini ricchi di sentieri ameni e statue. E non mancava un emiciclo destinato agli spettacoli teatrali, ai cui lati sorgevano due biblioteche. Fino a 3000 persone potevano godere contemporaneamente di questo angolo di paradiso. posto in quello che anche allora era il cuore di Roma, affollato e popoloso. Per soddisfare il bisogno d’acqua di un apparato termale di tale portata fu addirittura creata una ramificazione dell’acquedotto dell’Aqua Marcia. Sotto molti punti di vista le Terme di Diocleziano stillavano di un particolare aspetto della cultura romana, profondamente legata all’amore per l’acqua e l’armonia tra mente e corpo. Di tale idillio, le Terme di Diocleziano sono l’ultimo capitolo felice. Non a caso il primo atto che racconta la fine di un mondo è legato al taglio dell’acquedotto, operato dai Goti di Vitige nel 537. Gli uomini di Totila, pochi anni dopo, aprirono la danza della devastazione.