C’è una ragione precisa per la quale la gente ama il cinema horror ed è la stessa ragione per cui ama Masterchef.
L’horror ci fa calare in una dimensione di estrema paura che genera in noi una scarica di adrenalina molto forte, unita alla consapevolezza di non essere in realtà noi i protagonisti della situazione pericolosa.
A Masterchef avviene più o meno la stessa cosa
Da che mondo è mondo l’immedesimazione è sinonimo di successo e noi non facciamo altro che immedesimarci nei concorrenti che hanno l’opportunità di realizzare il sogno che potrebbe cambiare la loro vita. Quel sogno fatto di passione, quel sogno che è la ragione che ti predispone a sopportare una tensione molto forte da parte dei giudici i quali, da contratto, devono avere sempre un atteggiamento severo e autoritario fino ad arrivare spesso ad una vera e propria mortificazione del concorrente. Cosa che, inutile negarlo, provoca allo spettatore una sensazione di godimento che lo spingerà a volerne sapere di più, a seguire le sorti del suo eroe.
Perché la mortificazione, così come la paura, ci scuote profondamente ma non essendo noi i mortificati, come nel caso del cinema, ci rassicura.
Ci immedesimiamo nei sogni dei concorrenti, ci affezioniamo ad alcuni di loro più che ad altri e per questa ragione tifiamo, ci appassioniamo, ci arrabbiamo, parteggiamo.
L’edizione Celebrity si indebolisce sicuramente a livello di motivazione dei concorrenti: Mara Maionchi, che giovedì scorso è uscita dal programma, non era una cuoca e non desiderava esserlo, così come Alex Britti o Marisa Passera che fuori di lì hanno mestieri affermati e redditizi ad attenderli e sebbene il personaggio famoso abbia sempre il suo appeal, sicuramente la passione ne risente, soprattutto perché le celebrities non riescono ad avere atteggiamenti davvero reverenziali nei confronti dei giudici o forse sono i giudici stessi che, con le celebrities, non riescono ad essere abbastanza cattivi e perdono mordente.
Allo stesso tempo, però, guadagnano empatia mostrando aspetti inediti del loro carattere e varie ed eventuali fragilità.
I giudici, lo sappiamo già, sono collaudati e bene assortiti: c’è il bello che non sorride (quasi) mai -assente però con i Vip-, c’è il simpatico, c’è l’esotico e il gigante buono. Come dire, ce n’è per tutti i gusti.
Insomma a Masterchef la ricetta del successo è assicurata sebbene nell’edizione Celebrity la scelta di condensare il tutto in quattro misere puntate (contro le ventiquattro dell’edizione non Vip) dia l’impressione di un grande potenziale inespresso come si sarebbe potuto fare.