La chiamavano Regina Aquarum e tutt’oggi è una città dove gli antichi acquedotti sono ancora ben visibili ed è raro non trovare una fontanella anche nelle zone più periferiche. Roma nasce in riva a un fiume e già a quello deve le sue sorti. D’altronde, per un insediamento è fondamentale la salubrità: fino a tempi relativamente recenti, poter bere acqua non contaminata e poter facilmente allontanare le scorie faceva la differenza tra la vita e la morte. In una serie di articoli, esploreremo il legame tra la grandezza della storia umana e la sua dipendenza da due molecole idrogeno e una di ossigeno: la base della vita, in tutte le sue manifestazioni.
Acquedotti e panorama: undici “vene” per la Caput Mundi
Dalla sua fondazione e per circa 400 anni, gli abitanti dell’Urbe attinsero acqua da pozzi poco profondi, che arrivavano alla falda freatica, o dalle piccole sorgenti nel territorio cittadino. Pian piano, dal IV secolo a.C. a Roma si iniziano ad innalzare
L’inizio della decadenza, sempre nel nome dell’acqua
Nel 537 d.C. i Goti assediarono Roma e Vitige, generale e re, ordinò di tagliare tutti gli antichi acquedotti. La privazione dell’acqua, per una città come per un essere vivente, equivale alla privazione della vita. Belisario, generale bizantino, dal canto suo ne fece murare gli sbocchi per evitare che gli assedianti li sfruttassero come passaggi per introdursi in città. E così per lunghi secoli gli acquedotti di Roma non furono più ripristinati. C’erano di nuovo i pozzi che raggiungevano la falda, per dissetare e lavare una Roma in piena, cupa e vertiginosa decadenza. Fu solo nel 1585 che Papa Sisto V nel 1585 decise di sfruttare le strutture dell’acquedotto di Alessandro Severo per edificare, dopo lunghi secoli, una nuova condotta di acqua. Non stupisce che, viziati e coccolati dall’abbondanza di un territorio con cui madre natura è stata generosa, i romani contemporanei si siano sollevati all’idea che, durante la lunga siccità del 2017, l’acqua potesse venir razionata e i “nasoni”, le tipiche fontanelle di strada, chiusi. Ma, al di là della mala gestione, degli abusi e dei problemi tecnici, siamo nell’antropocene e il nostro nuovo nemico non avrà il viso truce di un generale barbaro ma avrà il nostro viso, liscio e pallido, volutamente incurante dell’unico pianeta su cui può esistere.
Foto di copertina tratta da: Zingarate
Foto interna all’articolo tratta da: Zero